Si narra che il pianista Arthur Rubinstein non amasse particolarmente l’esercizio e la pratica “meccanica” ripetuta per ore ed ore e invece preferisse utilizzare come strategia di apprendimento la cosiddetta “mental practice”. La “Pratica Mentale” infatti ha dimostrato scientificamente di migliorare la precisione e la velocità di movimento di un musicista aiutandolo così a raggiungere una performance più elevata.
L'allenamento mentale viene definita come un esercizio cognitivo realizzato in assenza di reali movimenti fisici (Driskell et al. 1994). La ricerca realizzata nell’ambito della psicologia dello sport ha dimostrato scientificamente come la Mental Pratice sia in grado di migliorare la performance delle prestazioni motorie eseguite nella realtà da parte degli atleti. Anche in ambito musicale si è dimostrato come l’associazione tra la Mental Pratice e la Physical Practice sia in grado di migliorare la performance di un musicista. Gli studi realizzati in questo ambito hanno evidenziato come l'allenamento mentale possa produrre dei cambiamenti nel sistema motorio equiparabili a quelli che avvengono con l'esercizio tradizionale (Pascual-Leone et al., 1995).
L'allenamento mentale è una strategia che può essere utile sia per dei musicisti professionisti che per un semplice appassionato che, anche solo per hobby, desidera migliorare le sue skill. La Mental Pratice permette ad ogni tipo di musicista di trarre un vantaggio al netto del suo livello di capacità raggiunto.
La Mental Practice può essere realizzata anche in uno stato di ipnosi al fine di incrementare, ulteriormente, il livello di apprendimento. Inoltre l’ipnosi può essere utilizzata per affrontare con maggiore consapevolezza, attenzione e calma una performance dal vivo particolarmente impegnativa. Un training guidato consente infatti di apprendere e di utilizzare in modo autonomo delle strategie per garantire un miglior livello di concentrazione. Durante un’esecuzione la componente emozionale gioca un ruolo fondamentale infatti se il livello di attivazione supera una certa soglia può produrre una serie di problemi per il musicista.
La paura di sbagliare, l’ansia derivata dalla presenza del pubblico, l’esecuzione di un brano particolarmente complesso dal vivo sono solo alcuni dei fattori che possono produrre un impatto negativo sull’esecuzione. È possibile, seguendo un percorso specifico, apprendere come gestire la componente emozionale attraverso specifiche strategie con l’obiettivo di migliorare la performance per un musicista.
La ricerca scientifica suggerisce che per ottenere dei risultati positivi attraverso l’uso della Pratica Mentale bisogna effettuarla in modo costante e “vivido”. Non si tratta quindi di un semplice “sogno ad occhi aperti” o dell’uso della sola fantasia ma di una pratica per certi versi simile e sovrapponibile a quella tradizionale. Sappiamo infatti che anche durante la Physical Practice è importante mantenere un grado di attenzione e consapevolezza nel suonare ed evitare di eseguire degli esercizi in modo “automatico”. Quindi, la Mental Pratice deve essere strutturata in modo simile all’esercizio tradizionale , impostando un training che tenga conto di una fase di auto-valutazione e della correzione degli “errori”. Studi precedenti hanno descritto l'efficacia della Pratica Mentale in diversi aspetti della performance musicale (Coffman, 1990; Kopiez, 1990; Theiler e Lippman, 1995; Cahn, 2008).
Qualsiasi performance musicale è il frutto di una serie di
azioni complesse
che richiedono un livello importante di impegno a livello cognitivo, emozionale, somatosensoriale e motorio (Lotze et al., 2003; Haslinger et al., 2005). Suonare produce un
impatto positivo a livello celebrale
e in generale può procurare un livello di benessere a livello psicologico.
Alcune ricerche evidenziano come la capacità da parte di un musicista di
immaginare l’azione motoria
con particolare efficacia comporti delle
ricadute concrete nella velocità di esecuzione
reale. La rappresentazione mentale del movimento deve quindi essere realizzata con cura ed attenzione e non in modo generico
aggiungendo anche la componente “auditiva”. Ovviamente nella Mental Pratice dobbiamo fare i conti con l’assenza di un feedback sensoriale
ma possiamo attenderci un incremento importante sulla curva di apprendimento .
L'allenamento mentale
consente di applicare le attuali conoscenze psicologiche e
neuroscientifiche
all’apprendimento di uno strumento musicale e, nel contempo, di
ridurre il rischio per la salute
dei musicisti (ad esempio lesioni alle articolazioni, infiammazioni e altri problemi di carattere medico derivati dall’intenso esercizio “fisico”). In alcuni casi, infatti, le lesioni possono anche essere così gravi da porre fine alla carriera di uno strumentista (Lockwood, 1989). Sappiamo che la
pratica quotidiana
rappresenta un elemento fondamentale per sviluppare delle abilità motorie complesse che sono alla base della performance di un musicista. L’utilizzo dell'allenamento mentale
consente quindi di
ottenere maggiori risultati
senza “stressare” il corpo. Inoltre tale strategia potrebbe anche essere utilizzata per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus (Lotze e Cohen, 2006, Barclay-Goddard et al., 2011).
Vuoi apprendere come usare la Mental Pratice?
Per ottenere questo risultato ho strutturato un percorso composto da 10 sedute che prevedono una prima fase di assessment per analizzare i tuoi bisogni e per stabilire con te gli obiettivi di apprendimento che intendi raggiungere con il tuo strumento. Il percorso è stato studiato per renderti autonomo nell’uso della Mental Pratice. Sono previste anche sessioni di ipnosi per facilitare il rilassamento in vista di concerti o performance live particolarmente impegnative.
In sintesi un percorso di Mental Pratice è così composto:
"Deve esserci un magnifico equilibrio tra l'essere totalmente concentrati e totalmente rilassati. In un mondo ideale accumuli energia durante le prove e poi la rilasci durante lo spettacolo, così a tutti sembra di volare". Jane Glover
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
Bibliografia
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