Fin da piccoli impariamo a mentire e in alcuni casi questo comportamento, per quanto deplorevole sul piano etico, produce anche degli effetti positivi ovvero consente di mantenere più equilibrate le relazioni sociali. È innegabile che il desiderio di scoprire se il vostro interlocutore stia raccontando una bugia o meno, al di là del contenuto della comunicazione, sia un qualcosa di estremamente affascinante. Infatti la serie “Lie to Me” si concentra proprio su questo tema dal momento che narra le vicende di uno psicologo esperto nell’interpretare il comportamento non verbale e in grado così di scoprire le menzogne. Il protagonista Cal Lightman (interpretato dall’attore Tim Roth) decide di mettere a disposizione delle autorità questa sua competenza. Prima di approfondire il discorso è importante ricordare che alla base di ogni relazione esiste la fiducia reciproca e quindi è evidente che se siamo diventati sospettosi verso il partener, un collega di lavoro o un amico probabilmente stiamo percependo la presenza di una qualche distorsione nella comunicazione e nella relazione. È anche importante ricordare che spesso è la nostra mente a ingannarci e a far focalizzare la nostra attenzione su dettagli e particolari che non hanno, in realtà, un significato preciso. In pratica l’essere umano cerca delle costanti conferme delle sue convinzioni e molto spesso può cadere in delle vere e proprie trappole cognitive. Al netto delle situazioni di gelosia patologica o di un vero e proprio disturbo psicologico che richiederebbero un trattamento di psicoterapia proviamo ad approfondire, sul piano scientifico, questo tema.
Partiamo dal presupposto che è impossibile sapere che cosa stia pensando l’altro, anche quando conosciamo bene una persona il margine di errore può essere piuttosto elevato. È una tipica trappola cognitiva detta “lettura del pensiero” che in realtà è la rappresentazione dei nostri pensieri spesso “proiettati” sull’altro. Ad esempio una persona che ci appare pensierosa potrebbe essere semplicemente stanca o preoccupata, un amico che non ci saluta potrebbe essere solo distratto. In realtà dal modo con cui noi interpretiamo il comportamento del nostro interlocutore ad esempio non mi saluta perché è arrabbiato con mesi può generare un effetto domino che porta al ben noto fenomeno psicologico della “profezia che si auto-avvera”. Dal momento che abbiamo attribuito all’altro il fatto di essere arrabbiato con noi cercheremo delle conferme a questa ipotesi, partendo dai nostri ricordi e costruendo una fitta rete di spiegazioni che potrebbero essere assolutamente false.
Esistono sicuramente dei
segnali che possono darci un’indicazione
(sempre in termini probabilistici e non deterministici) che il nostro interlocutore stia mentendo. È inevitabile che quando cerchiamo di scoprire se il nostro partner ci sta mentendo potremo andare incontro a tanti
“falsi positivi”
ovvero credere che ci stia raccontando una bugia quando invece dice la verità e viceversa. I
micro-segnali
che possono emergere nelle situazioni di stress quando una persona sta mentendo possono essere
impercettibili all’occhio umano
e visibili solo osservando un video in
“slow motion”. Ma è importante sottolineare come anche in questo caso il
margine di errore può essere elevato.
L'aumento delle dimensioni della pupilla può indicare tensione o stress.
Gli agenti di polizia,dell'FBI o della CIA, anche se addestrati, ottengono risultati piuttosto deludenti nel riconoscere le bugie.
Molti corsi di formazione o libri sul comportamento non verbale posso illudere le persone di diventare come il protagonista di Lay to me. Nella realtà la percentuale di accuratezza nel distinguere una bugia dalla verità si attesta, in media intorno al 53% quindi poco più del caso.Write your caption here
Alcune ricerche in ambito psicologico hanno messo in evidenza come una bugia possa essere collegata ad alcuni segnali del viso come l’aumento della dimensione della pupilla (al netto delle condizioni di luce presenti in quel momento), la pressione involontaria sulle labbra mentre appaiono meno significativi i classici segnali non verbali (come la postura o il battito delle palpebre). La questione è quindi molto più complessa di come appare nei film, nei racconti e più in generale come viene spesso proposta da vari personaggi sul web e sui social. Distinguere una bugia è un compito difficile, complicato e dagli esiti incerti. Altre ricerche hanno evidenziato come gli stessi agenti dell’FBI e della CIA hanno performance piuttosto deludenti e non riescono a individuare meglio di altri i bugiardi da coloro che dicono la verità. Il tasso di accuratezza nel distinguere una bugia dalla verità si attesta, secondo una meta-analisi, in media intorno al 53%, quindi non si discosta molto dalla probabilità di individuarla per caso e il successo lo si può equiparare al lancio della monetina quando si decide tra “testa o croce”.
Approfondendo il tema dal punto di vista scientifico ci si accorge immediatamente della complessità della questione e di quanto le serie televisive e i manuali sul “comportamento non verbale” offrano una visione esagerata e poco realistica. Alcuni corsi di formazione promettono di acquisire delle competenze sulla comunicazione non verbale che nel mondo reale potrebbero trovare una scarsa applicazione o peggio ancora
illudere le persone
di essere diventate come il
dottor Cal Lightman
della serie
“Lay to me”. Questo potrebbe comportare una serie di
ricadute negative sia sul piano personale che professionale, oltre a rappresentare un inutile dispendio di denaro e di tempo. Anche l’uso del “test del poligrafo” (la cosiddetta "macchina della verità") un sistema che dovrebbe rilevare una bugia attraverso l’analisi delle reazioni fisiologiche è considerato inaffidabile. Il
poligrafo che vediamo spesso utilizzato nei film ha quindi un margine di errore rilevante
e non può essere considerato un test valido in senso assoluto. Scoprire se il nostro interlocutore sta mentendo richiede una preparazione specifica e una consapevolezza rispetto ai margini di errore a cui possiamo andare incontro. È chiaro che non si diventa esperti solo leggendo un libro
o frequentando un breve corso.
L’interesse verso il tema della menzogna diviene centrale quando è necessario individuare un potenziale colpevole. Per questa ragione gli
psicologi
hanno iniziato a
studiare i segnali non verbali che possono aiutare a individuare una persona disonesta o un criminale. La tecnologia sta fornendo un valido aiuto grazie a dei software che sono in grado di analizzare le espressioni facciali in tempo reale e a trarre delle conclusioni più
ponderate sul piano scientifico. Gli psicologi inoltre vengono anche utilizzati come risorsa per la formazione degli agenti di polizia. È inevitabile che sia necessario citare lo
psicologo Paul Ekman (University of California Medical School di San Francisco) colui che ha studiato questo tema per oltre 40 anni. In uno dei suoi ultimi lavori che sta portando avanti ha coinvolto anche il Prof. Mark Frank. In questo studio sta analizzando un numero significativo di comportamenti che permettono di fornire delle indicazioni utili sulla
comunicazione non verbale di chi mente. Un altro elemento importante da tenere in considerazione è il tipo di bugia che viene raccontata. Se una persona rischia seriamente di finire in carcere, di perdere somme ingenti di denaro o la reputazione è probabile che il suo livello di attivazione sia molto elevato e che quindi i segnali “non verbali” siano più difficili da controllare e gestire.
Per poter scoprire se qualcuno ci sta mentendo dobbiamo avere una formazione specifica e aver fatto un training dedicato. Ma questo ancora non basta, infatti, è impossibile avere la certezza completa che l’altro ci stia dicendo la verità o stia mentendo. L’aspetto più importante è considerare non il singolo gesto quanto piuttosto l’insieme dei segnali che l’interlocutore può comunicare durante un discorso. Il livello di concentrazione richiesto è elevato ma esistono alcuni segnali che possiamo prendere in considerazione per scoprire se l’altro ci sta mentendo, in particolare:
Ma attenzione, ci sono persone che mentono e che appaiono tranquille, non sbattono le palpebre più del solito e presentano una postura rilassata. Quindi questi segnali, per quanto possano essere importanti, potrebbero comunque condurre a conclusioni assolutamente errate. Infatti è assai probabile che una persona introversa e timida in una situazione di stress (come un interrogatorio) possa agitarsi in modo eccessivo pur raccontando la verità.
Il lavoro di Ekamn e dei suoi collaboratori ha portato a sviluppare un modello detto FACS Facial Action Coding System che consente di analizzare le espressioni facciali e che se viene unito ad altri dati come la modulazione della voce e l’analisi del contenuto può raggiungere un tasso di successo intorno a 90%. Questo modello associato oggi a dei software di ultima generazione può aiutare le forze dell’ordine ad individuare più facilmente chi mente da chi dice la verità. Il punto focale di questo tema riguarda quindi la possibilità di unire una grande quantità di dati per trasformarli in un’informazione utilizzabile. Una parte del lavoro di Ekman in questo campo non è stato reso pubblico per evitare di fornire un aiuto indiretto ai criminali. Lo psicologo Paul Ekman ci tiene a sottolineare come le espressioni emozionali che coinvolgono il volto di una persona non sono per forza un indicatore univoco che l’interlocutore sia un bugiardo e consiglia di partire dal presupposto che l’interlocutore stia sempre dicendo la verità, in modo da escludere ogni opzione possibile prima di giungere a delle conclusioni. È evidente che la complessità del tema, la preparazione necessaria per utilizzare queste metodologie e l’etica richiedano un alto livello di professionalità.
Le espressioni del viso rappresentano solo uno degli aspetti da osservare; infatti anche il linguaggio utilizzato è importante per scoprire un potenziale bugiardo. Dato che ingannare l’altro è un atto sociale e relazionale gli psicologi hanno studiato come il contenuto della comunicazione possa fornire delle indicazioni utili per “smascherare” chi ci sta ingannando. Vediamo in sintesi i risultati che questa ricerca ha prodotto. Chi mente in genere:
Il Prof. James Pennebaker ha sviluppato, insieme ai suoi collaboratori, un software per analizzare il contenuto della comunicazione. Il LIWC (Linguistic Inquiry and Word Count) consente di comprendere con un buon livello di accuratezza se una persona sta mentendo. Quali sono i fattori che vengono presi in considerazione da questo programma? Secondo questo modello un bugiardo tenderà a usare:
Chi dice la
verità tendenzialmente utilizza espressione positive, il racconto è autoreferenziale e non si perde in inutili dettagli. Ovviamente dobbiamo sempre prendere in considerazione le differenze individuali e le caratteristiche di personalità che possono influenzare i processi di comunicazione. Questo software è risultato molto più efficace nell’individuare un bugiardo rispetto a delle persone formate ad hoc per riconoscere le menzogne. Il
tasso di accuratezza era quasi del 70%
contro il 52% dell’essere umano. Un altro dato che conferma e sottolinea ancora una volta come la nostra capacità di comprendere se l’altro sta mentendo è pari al caso. Questo dato può anche essere letto in un altro modo e risultare rassicurante poiché
evidenzia come sia più semplice del previsto cadere vittima di una bugia
e come non sia una questione di disattenzione o di incapacità personale. Tra l'altro questo software è stato anche utilizzato per analizzare i testi delle canzoni di Bruce Springsteen per dimostrare come le sue canzoni sia davvero genuine e autentiche.
Abbiamo analizzato gli errori a cui possiamo andare incontro quando cerchiamo di individuare un bugiardo e quanto le nuove tecnologie possano rappresentare un valido supporto. In base ad altre ricerche è possibile formare degli esperti in grado di riconoscere, con un buon livello di affidabilità, una persona che mente grazie a dei segnali comportamentali. Non esistono segni inequivocabili ma si possono formulare alcuni consigli generali:
Ricordati però che esistono anche delle
differenze individuali e il solo addestramento potrebbe non essere sufficiente a sviluppare questo tipo di competenza. Accade esattamente come nello sport dove nonostante tutti pratichino il medesimo allenamento non tutti diventano dei “campioni olimpici”, la stessa accade per le soft skill. Si possono
sicuramente migliorare le proprie capacità
ma questo non significa riuscire a diventare abili nell’identificare, con un buon livello di accuratezza, un bugiardo. Per poter sviluppare questo tipo di competenza è necessario un approfondimento teorico e un
training pratico
che deve essere portato avanti ogni giorno. Ci sono persone che possono avere questa dote naturale ed altri che devono svilupparla. Riuscire a individuare un bugiardo è molto più difficile e complesso di quanto siamo portati a credere.
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
Riferimenti scientifici
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