Il senso comune tende a giudicare nocivi i videogiochi come Fortnite in modo del tutto pregiudiziale. Per i genitori può essere tranquillizzante pensare che i videogames possano essere alla base di alcuni disturbi psicologici ma la realtà è ben diversa. Purtroppo, anche alcuni esperti o più in generale i media tendono a rinforzare questa credenza “ingenua” negli adulti, spostando così l’attenzione dai problemi reali degli adolescenti ad altro. È facile individuare in un “nemico esterno” (smartphone, tablet, social network...) la causa di tutti i mali ma operando in questo modo si rischia solo di amplificare il disagio psicologico e di peggiorare la situazione emozionale di un ragazzo o di una ragazza. Anche la recente serie prodotta da Netflix "The social dilemma" rischia diffondere una visione superficiale e distorta della questione. Un altro mito privo di supporto scientifico riguarda la presunta correlazione tra videogiochi violenti e comportamenti aggressivi. Infatti non esiste nessun legame tra i videogiochi e la violenza.
La ricerca scientifica condotta in questo ambito non ha mai confermato l’esistenza di un rapporto causale tra disagio psicologico e l’uso dei videogames. Un nuovo studio realizzato nell’ambito della Psicologia dello sviluppo ha coinvolto per ben sei anni un campione di 385 giovani statunitensi che giocavano abitualmente ai videogiochi. Attraverso un questionario è stato possibile valutare con regolarità sia la componente emozionale che quella comportamentale. Gli psicologi hanno evidenziato come il 72% dei videogiocatori non presentava nessun sintomo psicopatologico e inoltre l’attività videoludica non influenzava né la dimensione relazionale né quella sociale. Coloro che presentavano qualche difficoltà di carattere psicologico (il 18%) non avevano mostrato né un peggioramento né un miglioramento del quadro generale dei disturbi malgrado utilizzassero dei videogiochi.
Solo una parte minima del campione aveva invece evidenziato un peggioramento delle problematiche psicologiche pregresse. Ma parliamo di ragazzi con difficoltà emozionali già presenti e non generate dall’utilizzo dei videogiochi. Alcuni fattori predittivi includevano l’essere maschio e la presenza di difficoltà relazionali e sociali. Solo in questo caso si è registrato un aumento della componente ansiosa e depressiva, dell’aggressività e della timidezza accompagnati da un uso disfunzionale dello smartphone.
In base a questa analisi risulta evidente come i videogiochi non rappresentino di per sé un problema né tantomeno possano rappresentare la causa diretta di una qualche difficoltà psicologica. Purtroppo, individuare una causa esterna alla famiglia (ad esempio in Fortnite o in Tik Tok) per spiegare l’origine di un problema psicologico in età adolescenziale può rappresentare una spiegazione rassicurante per i genitori. Questo atteggiamento rischia però di cronicizzare un disagio emozionale nei ragazzi evitando così di cogliere le reali motivazioni di un problema psicologico più profondo e radicato. L’uso da parte dei media di certe etichette come quella degli “Hikikomori” (un fenomeno legato alla cultura nipponica e una definizione che viene utilizzata spesso a sproposito in Italia) o la diffusione di certe convinzioni sul mondo videoludico alimentano una visione superficiale dei problemi adolescenziali. Un approccio questo che rischia di ritardare la presa in carico dei disturbi psicologici da parte degli esperti.
Dott.Igor Graziato
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
Fonte:
Coyne, S. M., Stockdale, L. A., Warburton, W., Gentile, D. A., Yang, C., & Merrill, B. M. (2020). Pathological video game symptoms from adolescence to emerging adulthood : A 6-year longitudinal study of trajectories, predictors, and outcomes. Developmental Psychology, 56(7), 1385–1396.
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