Le indubbie qualità espressive di
Sigmund Freud
hanno sicuramente contribuito alla diffusione della psicoanalisi in un contesto culturale di una lontana epoca che si perde ormai nei meandri della storia. Il tentativo di formulare delle
risposte scientifiche
alle problematiche psicologiche si doveva scontrare con le
oggettive difficoltà dell’epoca. Per questa ragione probabilmente
Sigmund Freud
preferì utilizzare un altro approccio alle questioni psicologiche. È importante ricordare che, all’epoca, gli studi relativi al funzionamento del
cervello erano agli albori, molti fenomeni erano del tutto sconosciuti e per questa ragione il tentativo di costruire una “psicologia scientifica” espresso con l’opera inedita dal titolo “Progetto per una psicologia” del 1895 andò inevitabilmente verso il fallimento. La cosiddetta “leggenda freudiana” ha alimentato la narrazione di un personaggio eroico che combatteva una sorta di guerra personale ponendo le sue idee come rivoluzionarie quando in realtà il contesto dell’epoca era meno suscettibile di quanto si voglia credere e pensare oggi. Inoltre nel
pensiero freudiano
è possibile trovare una serie di antecedenti anche per quanto concerne uno dei suoi testi più famosi, ovvero
Die Traumdeutung
“l’interpretazione dei sogni”. Il merito di
Sigmund Freud
è quello di aver incarnato e definito nell’immaginario collettivo una professione, quella dello
psicoanalista
e di aver avuto alcune
intuizioni geniali; ma nel contempo è importante evidenziare come oggi molti aspetti del modello freudiano siano da considerare del tutto
obsoleti
e anacronistici. Questo è inevitabile, infatti adesso
nessun medico
si sognerebbe mai di opera o intervenire su un paziente come si faceva più di cento anni addietro. Certamente il grande successo del pensiero di
Sigmund Freud
ha contribuito a diffondere nel lessico popolare alcuni
concetti psicoanalitici
così come lo
stereotipo del lettino
e di un trattamento lungo e senza fine. La figura dello psicoanalista viene magistralmente narrata nei film di
Woody Allen
cogliendone da un lato l’utilità, ma anche tutti i suoi limiti.
Hans era un bambino di circa cinque anni che iniziò ad aver paura di uscire di casa per via dei cavalli. È importante contestualizzare il periodo storico, all’epoca dei fatti ci troviamo nella Vienna dell’inizio del 1900 e questo tipo di trasporto era ancora una consuetudine per i cittadini e non certo un’attrazione per i turisti come accade ai giorni nostri. Oggi abbiamo ben presente l’eziopatogenesi e i fattori che possono far emergere una fobia specifica e il caso del piccolo Hans sarebbe trattato e probabilmente risolto in modo del tutto diverso. Per questa ragione è importante contestualizzare quanto espresso dal padre della psicoanalisi ed evitare di assumere una visione critica ex-post. Bisogna però far chiarezza sul caso del piccolo Hans perché, proprio la sua notorietà nel largo pubblico, rischia oggi di produrre delle distorsioni nei genitori quando emergono problematiche fobiche nei bambini (come ad esempio la paura dell’ascensore, del buio o altre paure irrazionali). Infatti rileggendo la ricostruzione del caso è evidente come la questione fosse molto più banale di quanto il modello freudiano cercasse di dimostrare. Hans all’epoca si era spaventato assistendo intorno ai quattro anni ad un incidente stradale che aveva coinvolto proprio un cavallo. Dopo l’evento i genitori si erano accorti che Hans aveva iniziato a sviluppare delle paure irrazionali, il bambino non voleva più uscire di casa, temeva che un cavallo potesse scalciare o cadere per terra ed era angosciato nel vedere come i cocchieri trattavano gli animali con la frusta e urlandogli contro in continuazione. È impossibile oggi accettare la spiegazione freudiana che ha teso a complicare inutilmente quanto era accaduto ad Hans introducendo dei concetti che oggi sappiamo essere vetusti come ad esempio il complesso di Edipo ed interpretazioni focalizzate sulla dimensione sessuale (le dimensioni del pene e il confronto con il padre). È importante ricordare che negli Stati Uniti si stava già sviluppando una psicologia scientifica, che pur con tutti i suoi limiti dell’epoca, stava cercando nuove strade e nuovi modelli per intervenire sul comportamento umano. Un altro aspetto fondamentale da ricordare è che Sigmund Freud può essere considerato il fondatore della psicoanalisi ma la psicologia, in quanto disciplina scientifica, deve le sue origini a Wilhelm Wundt che è considerato il padre della psicologia. Infatti fu proprio Wundt ha creare il famoso laboratorio di Lipsia dando così inizio alla disciplina psicologica. Quindi la psicoanalisi non è sinonimo di psicologia ma rappresenta un sottoinsieme specifico di una parte clinica. Oggi i modelli psicodinamici hanno avuto un’importante e sostanziale evoluzione e contribuiscono anch’essi al benessere emozionale delle persone come accade con altri approcci.
Per prima cosa Freud vide una sola volta il bambino, non lo seguì direttamente, ma si occupò di supervisionare il padre di Hans nella gestione del trattamento. Il caso clinico venne pubblicato nel 1908 e rappresenta ancora oggi un testo interessante ed affascinante pur presentando una serie di limiti oggi più che evidenti. Il piccolo Hans (il cui nome era in realtà Herbert) era il figlio di Max Graf, un critico musicale viennese che partecipava alle famose riunioni del mercoledì sera a casa di Freud, e la moglie era stata una paziente del padre della psicoanalisi. La terapia di Hans venne quindi condotta a “distanza” e seguendo ovviamente i dettami del modello freudiano. Per quanto il contenuto di questo caso clinico sia molto dettagliato ed approfondito emergono anche i limiti dell’intervento. Per prima cosa i genitori di Hans erano dei “seguaci” delle teorie psicoanalitiche e di conseguenza la lettura del comportamento del figlio e la dinamica che avevano instaurato con lui erano già distorte in partenza. La teoria del complesso di Edipo presenta degli enormi limiti e nel caso di una fobia specifica rischia di appesantire ulteriormente la spiegazione dell’origine del disturbo. I genitori di Hans avevano una relazione conflittuale e complessa ed è questo uno degli ulteriori elementi che può aver dato origine alla risposta fobica di Hans. Infatti un genitore poco competente sul piano psicologico rischia di incrementare l’ansia, la paura favorendo così la cristallizzazione di una fobia specifica. Infatti la progressione del disturbo, descritta da Freud, ricalca il tipico andamento di questo problema psicologico che tende, con il tempo, a generalizzarsi.
Oggi le fobie specifiche possono essere trattate con la VRT (Virtual Reality Therapy) ovvero la terapia con la realtà virtuale.
Il piccolo Hans ha probabilmente iniziato a sviluppare la sua fobia specifica per una serie diversa di fattori. Per prima cosa sappiamo che il bambino aveva assistito direttamente a una scena “traumatica” ovvero aveva visto un cavallo crollare a terra. Inoltre è possibile che la risposta emozionale di Hans sia stata sottovalutata dagli genitori che nel frattempo si trovavano ad affrontare una dinamica conflittuale tra di loro. Inoltre le modalità di accudimento ed educative all’epoca erano certamente diverse da quelle attuali. La fobia dei cavalli, con il tempo, aveva iniziato a generalizzarsi come meccanismo di sopravvivenza instaurando i classici comportamenti di evitamento come l’aver paura di uscire di casa. Oggi il trattamento della fobia, al netto delle dinamiche familiari, si sarebbe concentrato sull’aiutare il piccolo Hans a riconoscere e gestire le sue emozioni, nel sostenerlo nell’elaborazione del trauma, lavorando sui suoi pensieri irrazionali e sui suoi pensieri catastrofici e grazie alle tecniche di esposizione lo si sarebbe accompagnato passo in modo da fargli riprendere confidenza con il mondo esterno. Fortunatamente, oltre 100 anni dopo il caso del piccolo Hans, la psicologia ha elaborato dei trattamenti efficaci e basati sull’evidenza scientifica che possono garantire, in termini probabilistici, il superamento di una fobia specifica. Infatti oggi abbiamo a disposizione specifici protocolli di psicoterapia breve, l’ipnosi evidence based e la VRT (Virtual Reality Therapy) ovvero l’applicazione della realtà virtuale nella terapia.
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
Bibliografia
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