La xenofobia è ovvero la paura dello straniero è un termine che deriva dall'unione di xenox (straniero) con phobos ovvero fobia o paura. Rispetto ad una visione etnocentrica la xenofobia non è sempre accompagnata da una visione positiva della cultura di appartenenza. Una forma particolarmente diffusa di xenofobia è spesso riposta verso le persone di fede mussulmana. Ad esempio l'ex-presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha cercato di negare l’ingresso negli Stati Uniti a tutte quelle persone provenienti da sette paesi di fede mussulmana (Iraq, Iran, Yemen, Libia, Siria, Somalia e Siria). Questa decisione è stata giustificata da questioni di sicurezza nazionale e il Presidente degli USA ha fatto un riferimento esplicito all’11 settembre 2001. Paradossalmente nessuno dei terroristi proveniva dai paesi indicati e secondo un’analisi condotta dal CATO Institute nessuno cittadino originario di quelle nazioni è mai stato coinvolto (tra il 1975 e il 2015) in un attentato terroristico negli USA .
Il pregiudizio che lega la fede islamica al terrorismo è diventato particolarmente persistente negli Stati Uniti come in Europa, tale sentimento negativo è stato alimentato da diversi leader politici soprattutto in seguito agli attentati che sono susseguiti con un ritmo preoccupante. Negli ultimi anni l’FBI ha evidenziato un
preoccupante incremento delle aggressioni verso i mussulmani
e la nascita di nuovi gruppi e organizzazioni xenofobe. Gli
psicologi stanno studiando l’impatto che questa ondata xenofoba
sta generando a livello emotivo nelle persone di fede islamica, tentando, nel contempo, di agire anche in ambito preventivo. Secondo Kevin L. Nadal (PhD, an associate professor of psychology at John Jay College of Criminal Justice at the City University of New York) oltre alla discriminazione diretta e ai comportamenti palesemente xenofobi il
pregiudizio e gli stereotipi incidono in modo più sottile rendendo complesso e faticoso l’incontro tra le diverse culture. I mussulmani rischiano di non essere considerati dei “veri americani” malgrado molti di loro vivano e lavorino negli Stati Uniti da diverse generazioni. Lo “
shock culturale
” a cui sono sottoposte le persone quando entrano in contatto con tradizioni, riti e simboli diversi da quelli di appartenenza può influenzare in modo importante la componente emozionale. Secondo Anisa N. Goforth, PhD (Università del Montana) gli adolescenti che hanno subito questo tipo di
“stress” presentano una maggiore probabilità di essere introversi, tristi o depressi . Un dato confortante riguarda la possibilità di mantenere le proprie pratiche religiose, infatti questi rituali rappresentano una buona strategia di coping.
Secondo una ricerca condotta da Saba Rasheed Ali (PhD, professoressa di psicologia presso l'University of Iowa's College of Education) la discriminazione nell’ambito lavorativo produce effetti negativi in particolare per le donne, a prescindere se indossano il hijab o meno. Il pregiudizio può avere un effetto diretto sulla produttività, sulla soddisfazione personale generando un circolo vizioso che rischia di interferire con il benessere psicologico.
Purtroppo offrire un supporto psicologico a queste persone non è semplice. Infatti alcuni imam sono contrari alla psicoterapia considerandola
incompatibile con la fede islamica e invitano semplicemente le persone a “pregare di più”. Lo stesso pregiudizio può limitare l’accesso ai servizi di supporto e
non tutti i terapeuti sono adeguatamente formati per affrontare una problematica che coinvolge diversi aspetti della persona. Proprio per questa ragione è nato, nel 2009, un servizio web dedicato ai mussulmani ( www.MentalHealth4Muslims.com ). Il portale offre articoli specifici, podcast, webinar e altre risorse per coloro che stanno affrontando una difficoltà importante sul piano psicologico e sono di fede mussulmana. Sameera Ahmed, PhD dirige il Family and Youth Institute in Canton (Michigan) , un istituto di ricerca specializzato nei
bisogni psicologici dei mussulmani americani. Qui si affrontano in particolare i problemi legati al bullismo che gli studenti subiscono dai compagni e a volte persino dagli stessi professori o allenatori. Gli atti di bullismo impattano ovviamente con le prestazioni scolastiche e con l’equilibrio psico-fisico e possono variare per intensità e violenza. Per questa ragione Sameera Ahmed sta cercando di sensibilizzare il mondo della scuola introducendo dei programmi di prevenzione in modo da favorire una maggiore resilienza da parte degli studenti mussulmani. Un altro aspetto delicato riguarda la necessità di informare i genitori rispetto ai rischi che i loro figli possono correre (esattamente come ogni adolescente) nell’uso di sostanze. Queste
problematiche spesso sono sottovalutate dagli stessi genitori e possono dar luogo a comportamenti pericolosi e antisociali.
Il Prof. Richard J. Crisp (PhD, of Aston University's Aston Business School in Birmingham) e il Prof. Rhiannon N. Turner, DPhil (Queens University Belfast in the United Kingdom) stanno valutando l’impatto positivo della cosiddetta “Imagined contact strategy” in particolare verso I pregiudizi che riguardano gli islamici. L’intervento si basa sul presupposto che semplicemente immaginando un’interazione sociale positiva con un membro esterno al proprio gruppo di appartenenza è possibile migliorare l’atteggiamento generale e ridurre l’impatto di una visione pregiudiziale (ad es. contro i mussulmani ma anche riferita a qualsiasi altra minoranza). Secondo il Prof. Richard J. Crisp ben 70 studi condotti in tutto il mondo hanno dimostrato l’impatto positivo che un’immagine mentale può avere sull’atteggiamento delle persone. Molte di queste ricerche hanno approfondito in particolare le differenze tra i diversi credi religiosi (come fonte del pregiudizio) e come questa semplice strategia sia in grado di incidere in modo significativo sulle persone. Il
problema del pregiudizio è complesso
da affrontare ma è necessario che gli psicologi trattino questo tema per evitare derive come la radicalizzazione che possono emergere anche nelle seconde o nelle terze generazioni. Le differenze culturali vanno comprese ed è fondamentale evitare di alimentare pregiudizi pericolosi che rischino di compromettere l’assetto della società. Anche i media devono giocare la loro parte. Secondo la psicologa Muniba Saleem (PhD, Università del Michigan)
giornali e televisione devono modificare le modalità con cui rappresentano la comunità mussulmana, per evitare di diffondere ulteriormente visioni pregiudiziali o per promuovere e giustificare alcune linee di politica estera.
Dott.Igor Graziato
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
Riferimenti scientifici
Grazie per aver contattato lo Studio RPStrategy©. Ti risponderemo entro 24 ore.
Ci spiace ma c'è stato un errore imprevisto. Ti chiediamo la cortesia di riprovare oppure ti inviare un'email a info@rpstrategy.it
Inviando una richiesta si dichiara di aver letto il disclaimer sulla privacy e si autorizza lo studio RPStrategy© ad elaborare una risposta.
Rock Paper Scissors Strategy®
è un marchio registrato.
E’ vietata la riproduzione del marchio e dei contenuti, immagini e qualsiasi altra forma di comunicazione soggetta a copyright. N. Registrazione 0001536494 aprile 2013
RPStrategy®
Positive Strategy for Best Life
Studio di Psicologia RPStrategy®
del Dott.Igor Graziato
IT 08222720016
Sede legale:
Via Orazio Antinori 8
10128 Torino
RICEVO A TORINO
E ONLINE
Via Orazio Antinori, 8 10128 Torino
Tel. (+39) 347 1000224
PEC: igor.graziato@pec.it