Molti studi scientifici confermano la presenza di un legame significativo tra i nostri pensieri, le nostre emozioni e il corpo. E' un po' a causa di Cartesio se tendiamo a considerare questi due aspetti come divisi (Res cogitans e Res extensa ovvero corpo e mente come entità separate) mentre in realtà siamo di fronte a un sistema complesso e non separabile. Ad esempio grazie all'ipnosi è possibile modificare la percezione del dolore, le aspettative possono rendere più efficace un farmaco, attraverso il neurofeedback è possibile modificare le risposte emozionali e tramite la psicoterapia si può cambiare la visione del mondo e comprendere come gli schemi inconsci siano in grado di influenzare il comportamento. Grazie alle neuroscienze e alle tecniche di neuroimaging oggi è possibile verificare sperimentalmente e oggettivamente l'impatto che la dimensione psicologica può avere sia sul corpo che sul comportamento umano. In sintesi i pensieri sono l'aspetto più concreto della nostra esistenza così come le emozioni che proviamo. Infatti molti disturbi sono di natura psicosomatica, gli stati d'ansia e di depressione influenzano negativamente la capacità di reazione del Sistema Immunitario e possono quindi rendere più fragile l'organismo.
Si narra che il noto pianista Arthur Rubinstein non amasse particolarmente l’esercizio e la pratica “meccanica” ripetuta per ore ed ore e invece preferisse utilizzare come strategia di apprendimento la cosiddetta “Mental practice”. La “Pratica Mentale” infatti ha dimostrato scientificamente di migliorare la precisione e la velocità di movimento di un musicista aiutandolo così a raggiungere una performance più elevata. La Mental Practice viene definita come un esercizio “cognitivo” realizzato in assenza di reali movimenti fisici (Driskell et al. 1994). La ricerca realizzata nell’ambito della psicologia dello sport ha dimostrato scientificamente come la Mental Pratice sia in grado di migliorare la performance delle prestazioni motorie eseguite nella realtà da parte degli atleti. Anche in ambito musicale si è dimostrato come l’associazione tra la Mental Pratice e la Physical Practice sia in grado di migliorare la performance di un musicista. Gli studi realizzati in questo ambito hanno evidenziato come la Mental Practice possa produrre dei cambiamenti nel sistema motorio equiparabili a quelli che avvengono con la pratica tradizionale (Pascual-Leone et al., 1995).
Il tempo è una risorsa preziosa e limitata. Con la "pratica mentale" è possibile ottimizzare il tempo che devi dedicare agli spostamenti per continuare il tuo apprendimento e il tuo esercizio.
Sei vicino a un concerto o a un evento importante?
L'allenamento mentale consente di migliorare la tua performance evitando di concentrare la tua attenzione su un sterile ripetizione di movimenti che rischia di ridurre la tua capacità espressiva, di rendere meccanica la tua prestazione o poco flessibile il tuo comportamento. La concentrazione e la capacità di reagire in funzione degli stimoli del contesto è fondamentale.
Hai un problema ai tendini
Attraverso un'adeguata preparazione mentale è possibile gestire in modo efficace l'ansia e la tensione per poter esprimere al meglio le tue capacità musicali sia dal vivo che durante una sessione di registrazione.
I vantaggi della Mental Practice
La Mental Practice è una strategia che può essere utile sia per dei musicisti professionisti che per un semplice appassionato che, anche solo per hobby, desidera migliorare le sue skill. La Mental Pratice permette ad ogni tipo di musicista o sportivo di trarre un vantaggio al netto del suo livello di capacità raggiunto.
La Mental Practice può essere realizzata anche in uno stato di ipnosi al fine di incrementare, ulteriormente, il livello di apprendimento. Inoltre l’ipnosi può essere utilizzata per affrontare con maggiore consapevolezza, attenzione e calma una performance dal vivo particolarmente impegnativa. Un training guidato consente infatti di apprendere e di utilizzare in modo autonomo delle strategie per garantire un miglior livello di concentrazione.Durante un’esecuzione la componente emozionale gioca un ruolo fondamentale infatti se il livello di attivazione supera una certa soglia può produrre una serie di problemi per il musicista.
La paura di sbagliare, l’ansia derivata dalla presenza del pubblico, l’esecuzione di un brano particolarmente complesso dal vivo sono solo alcuni dei fattori che possono produrre un impatto negativo sull’esecuzione. È possibile, seguendo un percorso specifico, apprendere come gestire la componente emozionale attraverso specifiche strategie con l’obiettivo di migliorare la performance per un musicista.
La Mental Pratice consente di applicare le attuali conoscenze psicologiche e neuroscientifiche all’apprendimento di uno strumento musicale e, nel contempo, di ridurre il
rischio per la salute dei musicisti
(ad esempio lesioni alle articolazioni, infiammazioni e altri problemi di carattere medico derivati dall’intenso esercizio “fisico”). In alcuni casi, infatti, le lesioni possono anche essere così gravi da
porre fine alla carriera di uno strumentista
(Lockwood, 1989). Sappiamo che la pratica quotidiana rappresenta un elemento fondamentale per sviluppare delle abilità motorie complesse che sono alla base della performance di un musicista. L’utilizzo della Mental Practice consente quindi di
ottenere maggiori risultati senza “stressare”
il corpo. Inoltre tale strategia potrebbe anche essere utilizzata per la riabilitazione di pazienti colpiti da ictus (Lotze e Cohen, 2006, Barclay-Goddard et al., 2011).
Dott.Igor Graziato
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Riferimenti scientifici
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