È facile cadere nel tranello di pensare che nella comunicazione e nel
marketing esistano delle soluzioni semplici, prefabbricate e che sia sufficiente rivolgersi alle
indicazioni del fuffa guru di turno
per ottenere fantastici risultati. Se fosse così facile
tutti riuscirebbero a sviluppare
il proprio business in poco tempo ma ovviamente il mondo reale è molto più complesso rispetto a ciò che certe narrazioni vogliono far credere. Molti manuali, articoli e video tendono a promuovere questa
visione ingenua
che spesso illude gli imprenditori ma anche coloro che desiderano sviluppare il proprio business o aprire una startup. Non è sufficiente investire nella pubblicità sul web per ottenere magicamente un aumento delle vendite. Le
persone non sono soggetti passivi, ma attivi, e la mente è un sistema complesso e delicato sorretto da un’interazione costante delladimensione cognitiva, emozionale, sociale e relazionale.
Nel mondo della comunicazione, del marketing e più in generale nel business emergono, con una certa frequenza, dei veri e propri “guru”. Persone in grado di indicare la strada nel business in modo profetico e di fornire soluzioni semplici aproblemi complessi. Spesso il loro successo è dovuto ad alcuni meccanismi persuasivi costruiti attraverso quello che oggi viene definito “personal branding” o in altri casi attraverso un fenomeno “ex post”. Ad esempio molti di questi “guru” citano Steve Jobs (piuttosto che Elon Musk) come riferimento. Il visionario fondatore della Apple viene spesso portato come esempio dato che ha interrotto gli studi universitari e, malgrado questo ha costruito lo stesso un impero. Questa narrazione già contiene un evidente bias, i due elementi sono sì correlati (interrompo gli studi ed ottengo successo) ma privi probabilmente di un qualsiasi rapporto causale. Mi spiego meglio, saranno milioni gli studenti che hanno abbandonato l’università ma solo una percentuale minima ha raggiunto un reale successo imprenditoriale. Diffondere l'idea che studiare sia del tutto inutile è una comunicazione pericolosa soprattutto per le giovani generazioni. Una valutazione “a posteriori” (ex post) genera inevitabilmente una serie infinita di correlazioni illusorie che rischiano di fornire delle indicazioni completamente prive di fondamento a chi vuole fare impresa o aprire una startup.
I
fuffa guru
nel business spesso fanno leva proprio su questi fattori
raccontando la propria esperienza
in modo “leggendario” o quella degli altri in modo “distorto”. Se fosse così semplice fare impresa e sviluppare prodotti e servizi vincenti probabilmente lo farebbero tutti. In sintesi è
facile scrivere una ricetta di successo
se abbiamo vinto lo è di meno fornire realmente una consulenza in grado di supportare un cliente nello sviluppo della sua attività. Nel caso del marketing, o della consulenza aziendale, il fatto di
rivolgersi a dei “guru”
è anche il modo migliore per delegare la scelta all’esterno e giustificare così la bontà della propria decisione al netto dei risultati realmente ottenuti.
Vediamo alcuni semplici consigli per riconoscere un "fuffa guru":
La psicologia è utile anche per persuadere i pubblicitari o le aziende che è necessario superare certe modalità di comunicazione “sessiste” che si rilevano inefficaci per lo stesso brand oltre che risultare degradanti per le donne. Come molte ricerche emolti casi studio evidenziano questa modalità di comunicazione squalificante, originata da veri e propri pregiudizi, produce un effetto “boomerang” determinando un ritorno negativo per il business aziendale. Non è vero infatti quanto recita un noto adagio ovvero “nel bene o nel male l’importante è che se ne parli”. La comunicazione pubblicitaria non può limitarsi a cercare di scandalizzare il consumatore dato che questa modalità risulta spesso controproducente per l’azienda che desidera farsi conoscere sul mercato. E' anche importante ricordare che un conto è analizzare la capacità di penetrazione di un messaggio (ad esempio sui social) ben altro valutare l'effettivo impatto in termini di vendite e di business.
Il famoso best seller di Vance Packard “I persuasori occulti” pubblicato nel lontano 1957 presentava le agenzie pubblicitarie come delle organizzazioni in cui psicologi ed altri esperti di comportamento analizzavano in profondità i consumatori elaborando delle campagne pubblicitarie sempre efficaci e persuasive. Inoltre nel testo l’autore faceva riferimento ai cosiddetti “messaggi subliminali” riprendendo la notabufala realizzata da James Vicary convincendo così generazioni e generazioni dipersone in tutto il mondo dell’esistenza di un sistema di persuasione di massa ed aiutando a diffondere diverse teorie “complottiste”.
Ogni
successo è il frutto di un lavoro di team. Per questa ragione le
abilità relazionali, la capacità di sviluppare un network e le abilità sociali sono fondamentali per sviluppare qualsiasi attività. Le narrazioni spesso si focalizzano su un unico personaggio ed anche in questo caso viene data di lui una visione stereotipata e poco aderente alla realtà. Un conto è se desideriamo farci affascinare da una bella storia finita bene altro se dobbiamo raggiungere dei risultati nel nostro business!
Ancora oggi, infatti,in rete è possibile trovare video ed articoli in cui si analizzano i presunti messaggi subliminali presenti in film, cartoni animati o brand famosi. Sebbenenel libro di Packard siano presenti diverse
imprecisioni sul piano scientifico
esso rappresenta e descrive comunque un’epoca in cui effettivamente ha avuto inizio il coinvolgimento degli psicologi nell’ambito del
marketing
e della pubblicità. Questo è accaduto soprattutto negli Stati Uniti mentre in Italia la situazione è per certi versi ancora molto arretrata. I budget a disposizione oggi sono molto più limitati e ne consegue che la presenza degli psicologi potrebbe aiutare a migliorare l’efficienza e il
ROI
(Ritorno dell’investimento).
Se nel marketing le analisi vengono condotte seguendo delle procedure specifiche la lettura e l’interpretazione dei dati, degli stili di consumo e delle caratteristiche del consumatore è necessario avere una formazione specifica in psicologia. Nel caso della
pubblicità
la situazione è ancora più caotica. Questa parte viene delegata a team di creativi o a veri e propri “guru” che costruiscono il messaggio senza far affidamento sulla ricerca e su quanto oggi la moderna psicologia mette a disposizione. La psicologia può infatti fornire dei modelli mentali solidi che possono migliorare l’impatto generale di una pubblicità.
Il Prof. Esther Thorson (Schoolof Journalism dell'Università del Missouri in Columbia) insieme ad un team di psicologi sta adottando un approccio scientifico alla
pubblicità nel tentativo di individuare delle modalità più efficaci
nella gestione dei processi dicomunicazione rivolti verso i consumatori. Ad esempio ha notato come delle immagini prive di senso, ma in movimento avevano il potere di
catturare l’attenzione dello spettatore anche se la voce fuori campo manteneva un tono ridicolo (sia per il contenuto che per la
dimensione paraverbale e prosodica). Le misurazioni fisiologiche effettuate in un ambiente controllato e la misurazione del ricordo hanno confermato la
bontà di questa modalità di comunicazione. Quindi catturare l’attenzione sul
piano visivo è il primo elemento
da prendere in considerazione e questo può avvenire anche se si utilizzano delle immagini neutre.
Il
Prof. Jane E. Raymond, lavora direttamente con le aziende per verificare ed analizzare la comunicazione pubblicitaria e i payoff; tutto questo è fatto per assicurare la bontà delle decisioni e per favorire un miglior impiego del budget. Da qui si evince come anche in Italia le organizzazioni potrebbero
allocare in modo più efficace le loro risorse
destinate al
marketing
e alla pubblicità proprio grazie alla
psicologia. È ingenuo infatti pensare che i consumatori siano in grado di
accettare passivamente qualsiasi messaggio (una visione piuttosto antiquata ed anacronistica) e soprattutto che la sola velocità sia sempre un’arma vincente. Molti consulenti credono che qualsiasi immagine venga sempre analizzata e
codificata a livello centrale mentre tutte le ricerche vanno nella direzione opposta. La nostra
mente ha dei limiti sul piano cognitivo ed emotivo e comunque tende a selezionare le informazioni. Inoltre l’attenzione è una risorsa limitata ed esistono altri bias che possono inficiare un messaggio pubblicitario. Non sempre quindi la velocità e un montaggio “smart” sono una garanzia di efficacia nella comunicazione.
Gli psicologi che si occupano di marketing sono alla base di molte campagne pubblicitarie di successo negli Stati Uniti e, grazie ai modelli scientifici elaborati dalla psicologia negli ultimi decenni, sono in grado di individuare le modalità più efficaci per promuovere prodotti, servizi ma anche trovare la migliore strategia per sostenere delle cause sociali. Uno psicologo può occuparsi di gestire le ricerche di mercato, i focus groups, interpretare i big data fornendo indicazioni concrete su come elaborare un messaggio e sostenere i processi di marketing. Questo avviene ormai da tempo soprattutto all’estero dato che in Italia la “ psicologia del marketing ” come quella “economica” è un ambito per certi versi ancora di nicchia o poco conosciuto.
Seguendo una moda introdotta dalla
Coca Cola e dalla
Pepsi
negli anni ’60 del secolo scorso molti spot si concludono con il brand dell’azienda. Ma questa non è sempre una strategia vincente. Infatti se la narrazione della pubblicità è particolarmente coinvolgente sul piano emozionale è possibile che il
consumatore
non sia nemmeno in grado di percepire e ricordare il
marchio dell’azienda. Un modo per facilitare il ricordo nel consumatore è quello di utilizzare un logo facilmente riconoscibile e non focalizzarsi sul nome o su unpayoff che richiede un’elaborazione centrale più complessa. Inoltre, in un mercato globale, il
logo consente di superare le barriere linguistiche
e di incrementare l’efficacia della comunicazione.
Il Prof. Jane E. Raymond, partendo dalla ricerca di base in psicologia, ha scoperto come i volti posti sul lato sinistro di una pagina possano catturare meglio l’attenzione del consumatore. Ne consegue che ilt esto, una descrizione, il payoff andrebbero messi a destra per migliorare la decodifica e il processo di memorizzazione. Chi si occupa di pubblicità e di marketing spesso non ha una preparazione specifica e tende a ricorrere a quanto ha appreso in modo “esperienziale”. Lo psicologo nell’ambito del marketing può assumere diversi ruoli anche strategici. Ad esempio nella fase di valutazione e di test di un prodotto o di un servizio prima del suo lancio, nella individuazione delle strategie di comunicazione, nella formulazione di un messaggio pubblicitario efficace e nell’analisi delle caratteristiche psicografiche del consumatore. La psicologia, studiando la mente e il comportamento delle persone , ha a disposizione paradigmi, modelli e strategie che possono indirizzare l’azione di marketing. Un altro aspetto importante riguarda la possibilità di rendere più consapevole il consumatore dei meccanismi di persuasione che possono influenzare il suo comportamento d’acquisto. La psicologia del marketing e quella del consumatore sono settori in parte sovrapponibili che richiedono un approccio multidisciplinare. Lo psicologo che opera all’interno del marketing ha sviluppato una conoscenza anche dei principali strumenti tipici della disciplina (ad esempio la gestione di un’Analisi di SWOT).
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Esperto di VRT (Virtual Reality Therapy)
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Membro della Division 30 Society of Psychological Hypnosis
Past Vice President Ordine degli Psicologi del Piemonte
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