Secondo uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B” le persone con l’afantasia sono molto più difficili da spaventare degli altri.
La festa di Halloween si sta avvicinando è il tema delle narrazioni horror rappresenta inevitabilmente lo sfondo di questa ricorrenza. Anche si tratta di un'antica tradizione di origine celtica, poi divenuta popolare negli Stati Uniti si è ormai diffusa anche in Italia. I
film horror sono un genere che può essere apprezzato o odiato
ma che permette di sperimentare, in modo del tutto controllato, la paura e l’ansia ovvero alcune emozioni che caratterizzano la nostra esperienza in quanto essere umani. La qualità della produzione cinematografica è purtroppo altalenante ed è
sempre più raro trovare un film horror di qualità. Uno stratagemma ormai abusato è il cosiddetto
“jumpscare”
(traducibile in italiano come “saltare per la paura”) e consiste nel presentare allo spettatore un evento improvviso e inaspettato in un momento di tensione.
Esistono però degli spettatori che sembrano essere completamente impermeabili alle scene di “terrore” e che non presentano nessuna reazione emozionale. Alcuni probabilmente riescono a prendere le distanze da ciò che stanno osservando mentre altri potrebbero essersi
“assuefatti” a questo genere di film. Anche per quanto riguarda i
racconti horror esistono delle differenze individuali
che potrebbero presentare un’altra interessante spiegazione psicologica. Alcuni soggetti soffrono di un disturbo chiamato “afantasia” che si caratterizza per l’incapacità di visualizzare delle immagini mentali. Questo termine è stato coniato dallo psicologo Adam Zeman (Professore di Psicologia3 cognitiva presso l’Università di Exeter)
L’afantasia e i racconti horror.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B” le persone con l’afantasia sono molto più difficili da spaventare degli altri. Per approfondire questa ipotesi i ricercatori hanno analizzato la
conduttività cutanea per misurare il livello di attivazione
e di paura in 46 soggetti. Dato importante: il campione prevedeva al suo interno anche
22 persone che avevano l’afantasia. Per produrre uno stato di paura le persone erano invitate a
leggere delle storie spaventose su uno schermo in una stanza buia. I livelli di attivazione a quel punto aumentavano in modo significativo nelle persone che potevano rappresentare visivamente quanto stavano leggendo, mentre
non sortivano alcun effetto sui soggetti con afantasia. Quando invece le persone venivano
esposte direttamente a delle immagini spaventose i livelli di paura rilevati risultavano aumentati per entrambi i gruppi. Il risultato di questo esperimento ha dimostrato l’immaginazione mentale svolge un ruolo prezioso nel migliorare le risposte emozionali.
Dott.Igor Graziato
Psicologo del Lavoro e delle organizzazioni
Specialista in Psicoterapia
Master in Cognitive Behavioural Hypnotherapy
Ipnosi Clinica Evidence Based
Membro dell'American Psychological Association
Fonte
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